La nuova composizione dell’Italia che produce
Il fenomeno della riduzione del numero di imprese attive è ormai consolidato da diversi anni; nel corso del quinquennio 2015-2019 le imprese inattive sono state sempre di poco superiori alle 500.000 su base nazionale, arrivando a circa 544.000 nel 2019 e crescendo di un ulteriore 2% circa nel primo semestre 2020, quello più fortemente colpito dall’emergenza sanitaria a causa dei lockdown totali. Sarebbe quindi sbagliato pensare che la diminuzione delle attività economiche realmente operanti sia dovuta principalmente alla pandemia: è invece un trend strutturale che ha molti fattori alle sue origini.
Si va dalle ristrutturazioni di interi settori produttivi alle mutate condizioni concorrenziali di mercati specifici (sia domestici che internazionali) agli impatti delle evoluzioni tecnologiche che si dispiegano lungo il tempo: per fare un esempio molto semplice, il settore del turismo è stato colpito con estrema durezza dalla pandemia del 2020 ma il suo cambiamento, che ha visto la costante riduzione del numero e del perimetro delle attività delle agenzie di viaggio, è iniziato ormai molti anni fa grazie alla diffusione del turismo fai-da-te basato su Internet. Lo stesso si può dire per il commercio al dettaglio, in particolare quello di prossimità e piccola dimensione, che ormai da molto tempo fa i conti con lo sviluppo dell’e-commerce e quindi con la disintermediazione che questo si porta dietro.
La pandemia ha generato degli effetti specifici in aggiunta a quelli innestati sulle dinamiche di lungo periodo: i settori più colpiti sono stati quelli delle altre attività di servizio, le agenzie di viaggio e di erogazione di servizi di supporto alle imprese, le attività di servizio di alloggio e ristorazione mentre in termini assoluti il settore che ha subito l’impatto più rilevante è quello del commercio.
Ovviamente tutto questo ha avuto una ricaduta anche sulle attività di analisi e comunicazione commerciale: come sappiamo, usare dati errati o non aggiornati significa perdere clienti e guadagni a prescindere dal tema scottante della conformità legale. Ricerche affidabili in merito mostrano che le aziende valutano l’impatto dell’uso di dati errati o imprecisi relativi a propri clienti e prospect nella misura di almeno il sei per cento del fatturato annuo totale.
Addressvitt ha sempre avuto una profonda consapevolezza dell’importanza di fornire ai propri clienti dati precisi, aggiornati, non corrotti e pertinenti e recentemente ha lanciato, in collaborazione con un importante operatore del settore delle informazioni commerciali, un importante processo di ulteriore aggiornamento del proprio database business, utilizzato con soddisfazione da molti anni da centinaia di clienti che operano in tutti i settori di attività economica: da oggi questo diventa uno strumento di analisi del mercato e di contatto della clientela attuale e potenziale ancora più accurato, preciso ed efficace.
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